Paolo
Cugini
“E il Verbo si fece carne e venne ad
abitare in mezzo a noi” (Gv 1,14)
“Lo avvolse in fasce e lo depose in una
mangiatoia” (Lc 2,10)
Celebrare
il Natale significa riflettere sul mistero di Dio, mistero che fa di tutto per
rendersi intellegibile. Questo mi sembra il primo aspetto significativo del
Natale: Dio ha deciso di manifestarsi, di dire chi è, di mostrarsi
avvicinandosi a noi a tal punto da farsi uno di noi. E’ su questo aspetto che a
mio avviso vale la pena riflettere, per capire le svariate implicanze che,
questo evento unico nella storia dell’umanità, produce.
In
primo luogo, il Natale dice di un giudizio sul mondo
religioso. Sacro dice di una distanza, di una separazione da ciò che è profano.
La nascita di Gesù in una mangiatoia rappresenta la distruzione del sacro, la
distruzione di ogni tipo di distanza e separazione tra sacro e profano, perché
nell’evento del Natale, il sacro viene ad abitare il profano, e il profano
diventa la casa del sacro. Nascendo in una grotta Dio ha operato un processo di
umanizzazione del divino, volendo in questo modo destrutturare il processo
umano di sacralizzazione del divino. Dio in Gesù ha sacralizzato il tempo, ha
rotto le distanze e, di conseguenza, si è avvicinato ad ogni uomo e ad ogni
donna. Che cosa significa questo avvicinamento che è, allo stesso tempo,
un’identificazione?
In
secondo luogo, il Natale significa la fine e il giudizio negativo
su ogni modello sociale che produce disuguaglianze, separazioni, divisioni. Se
Colui che era in alto, nel cielo è venuto sulla terra ed è venuto ad abitare in
mezzo a noi, significa che d’ora innanzi nessuno può porsi in alto ritenendosi
migliore di altri. Il Natale è la festa dell’uguaglianza: venendo al mondo e ad
abitare in mezzo a noi Dio ha voluto dire che tutti siamo degni, perché non si
è avvicinato a qualcuno, ma a tutti. Natale, allora, come monito chiaro contro
tutti coloro che producono e mantengono in piedi il modello economico nefasto
del neoliberalismo, che produce sempre più poveri a favore di una piccola élite
di ricchi sempre più ricchi, alla faccia dei poveri.
In
terzo luogo, la nascita del figlio di Dio in una
mangiatoia sottolinea la scelta dei poveri, vale a dire l’esplicitazione del
desiderio di dare dignità ad ogni persona- Quest’identificazione di Gesù con i
poveri che troviamo al momento della nascita, è indicata da Gesù stesso come
criterio per entrare nel Regno dei cieli. Il cammino della vita sulla terra,
per i discepoli e le discepole di Gesù, non può che essere caratterizzato dallo
stile semplice e dalla presa di posizione nei confronti delle persone povere.
Non a caso la Chiesa, sin dal suo inizio sviluppa quest’attenzione verso i più
poveri, proponendo il cammino della solidarietà e della condivisione.
Perché per loro non c’era posto (Lc
2, 7). Versetto molto significativo anche per noi oggi. Quanta gente anche oggi
non trova posto tra di noi, non trova posto nella Chiesa! Nella società
opulenta non trovano posto i poveri, i rifugiati, gli emarginati. Nella Chiesa,
nonostante i duemila anni della venuta di Gesù, non trovano posto i divorziati,
le coppie di fatto, gli omosessuali, le lesbiche, i transessuali, le persone
LGBT. C’è ancora molto da fare
Se
questo è vero, ciò significa che ogni volta che produciamo delle situazioni di
distanza con il divino, che è venuto ad abitare in mezzo a noi, stiamo negando
il senso del Natale, ci stiamo opponendo al suo significato autentico per
affermare il nostro.
Natale,
allora, è un grande messaggi odi speranza per tutti noi. Ci dice, infatti, che
c’è vita in Dio, una sovrabbondanza di vita che ci viene donata e ha la forma
dell’amore, della condivisione, dell’uguaglianza. Quando viviamo questo stile
di vita realizziamo il sogno di Dio che vediamo visibile nel presepio.
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