venerdì 15 dicembre 2017

AVVENTO: IL CAMMINO DELLA LIBERTÀ



Paolo Cugini

C’è una forza dentro alla storia che nessuno può togliere. C’è un desiderio di vita e di giustizia che Dio ha impresso dentro la storia attraverso l’azione dei suoi profeti, che la superficialità umana, cioè l’atteggiamento che l’uomo e la donna hanno abitualmente, non può scalfire minimamente. Forse a volte si ha l’impressione che la realtà fisica, quella che appare a livello materiale, sia tutto fuorché giusta, tutto fuorché pacifica, tutto fuorché segnata dall’amore. Eppure, per coloro che sono rinati dallo Spirito, per coloro che accogliendo la Parola sono rinati dall’alto, la percezione della giustizia di Dio dentro la storia degli uomini e delle donne è un dato assodato. “Così il Signore Dio farà germogliare la giustizia e la lode davanti a tutte le genti” (Is 61,11). E’ di questa sicurezza che abbiamo bisogno, sicurezza che, allo stesso tempo, è una certezza. Chi può avere il dono di tali parole? Chi mai può essere il portatore di parole così sicure e ferme se non colui che le ha sperimentate su di sé? E chi può sperimentarle senza divenire, ad un certo punto della vita, una persona così libera da non fare dipendere più la propria esistenza dalle cause esterne?

Mi ha mandato a proclamare la libertà degli schiavi” (Is 61, 2). A che cosa serve l’avvento: a questo, ad uscire dalla schiavitù, ad uscire da una vita bloccata e, di conseguenza frustrata. E’ questo che deve fare la Chiesa, il resto non serve, il resto è contorno non necessario. Più diveniamo minoranza, insignificanti dal punto di vista sociale, più saremo costretti a tornare all’essenziale. Allora il tempo di avvento ci ricorda che l’essenza di un cammino di fede, il senso della venuta di Gesù sulla terra e l’obiettivo del discepolato è divenire persone libere.

Ci possiamo chiedere, allora: liberi da che cosa? In primo luogo dalla tentazione di cercare la gloria degli uomini e delle donne e di fondare la nostra identità sul giudizio degli altri. L’esempio in positivo di questo cammino è Giovanni Battista, che la liturgia ce lo mostra nel Vangelo. Giovanni Battista, nel dialogo con i leviti e i sacerdoti, dimostra una chiarezza sulla propria identità impressionante. “Tu chi sei? Egli confessò e non negò. Confessò: io non sono il Cristo” (Gv 1, 20). Lui sa di non essere il messia, perché sa benissimo il senso della propria esistenza, sa qual è il suo posto nella storia. Questa è a mio avviso la prima grande libertà che siamo chiamati a maturare non solo durante l’Avvento, ma durante tutta la vita: la libertà dal confronto con gli altri, libertà dalla tirannia di cercare negli altri delle conferme sulla nostra identità. Questa libertà la si matura lentamente, in uno sforzo continuo di riflessione e di cammino interiore. Giovanni Battista in questo è un grande esempio, avendo maturato il senso del proprio posto nel mondo, nel silenzio del deserto, in ascolto di una Parola che diventa realtà e cammino di rivelazione per coloro che la vivono.  


In secondo luogo, nel tempo di Avvento siamo chiamati a liberarci dal male. Ce lo ricorda Paolo nella seconda lettura: “Vagliate ogni cosa e tenete ciò che è buono. Astenetevi da ogni specie di male” (1 Ts 5,17). Nel contesto in cui viviamo non è facile maturare ogni giorno questa libertà. Diceva la filosofa francese Simone Weil a questo proposito: “Amare Dio è non attaccare il cuore alle cose vane”. Non si tratta di un semplice esercizio in negativo, perché se fosse così, non ce la potremmo mai fare. Vince il male chi pone lo sguardo fisso sul bene e non lo molla un istante. “Fissate lo sguardo su Gesù, autore e perfezionatore della nostra fede” (Eb 12). Durante il tempo di Avvento esercitiamoci allora, a cercare il bene in tutto ciò che è attorno a noi, prima di tutto fra le persone che amiamo. Cerchiamo con tutto noi stessi il bello che è attorno a noi e dentro di noi. Solo così potremo arrivare alla notte di Natale e scorgere la Luce in mezzo alle tenebre della notte. 

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