La
Festa del Corpus Domini che celebriamo oggi, ci aiuta a riflettere sul mistero
dell’Eucarestia. San Paolo ci ricorda che nell’ultima cena Gesù ha profetizzato
la sua morte in croce, offrendo ai suoi discepoli la possibilità di continuare
a vivere con Lui e di Lui. “Questo è il
mio corpo che è dato per voi” (1 Cor 11,24): sono parole che esprimono il
significato della vita di Gesù, spesa per gli altri, donata ai discepoli.
Celebrando l’eucarestia in memoria di Lui, veniamo invitati a vivere come Lui
ha vissuto. Il Vangelo ci ricorda anche che il significato della vita di Gesù,
che ritroviamo nell’ultima cena, ha un riflesso anche sul mondo. “Voi stessi date loro da mangiare” (Mc
9,13). Ci cibiamo, allora, del Signore, non per rimanere chiusi nel nostro
intimismo, ma per aprirci al mondo, soprattutto a quel pezzo di mondo che
soffre. Il Signore è venuto in mezzo a noi per mostrarci il cammino da seguire
e si offre come alimento per darci la forza di vivere come lui ha vissuto.
sabato 28 maggio 2016
venerdì 13 maggio 2016
PENTECOSTE
Paolo Cugini
C’è una relazione strettissima tra la
Parola di Dio e lo Spirito Santo. Ce lo ripete in varie circostanze il Vangelo
che abbiamo ascoltato (Gv 14,15-16.23-26). “Il
Paraclito, lo Spirito Santo, che il Padre manderà nel mio nome, Lui v’insegnerà
ogni cosa e vi ricorderà tutto ciò che io vi ho detto”. Lo Spirito Santo,
che continua nella storia la missione del Figlio, agisce in noi aiutandoci a
ricordare le modalità che Gesù utilizzava per affrontare i problemi. Se C’è un
dato che ritorna come un ritornello nel Vangelo di Giovanni è proprio questo:
Gesù ha cercato in ogni momento della sua vita di fare la volontà del Padre e
non la sua. Gesù desidera fare la volontà del Padre per il fatto che lo ama e
ha da sempre avvertito su di sé il suo amore. “Perché l’amore con il quale mi hai amato sia in essi” (Gv 17,26). L’amore
del quale Gesù sempre parla non è appena uno sforzo, un andare verso, ma anche
e, forse, prima di tutto, un ricevere che proviene dall'esperienza di essere
amati. E’ questa la forza della vita, che dà le motivazioni del nostro agire e
cioè la pressa di coscienza di essere amati, voluti bene da qualcuno. Quando questo avviene il desiderio non è più
quello si soddisfare se stessi, ma colui che ci ama. Ebbene, la vita spirituale
è esattamente questo, la percezione di essere importanti per qualcuno, percezione
che immediatamente ci apre verso gli altri e il mondo. Lo Spirito Santo agisce
in noi ricordandoci in che modo Gesù amava il Padre e come riusciva a portare
questo amore dentro la storia degli uomini e delle donne che Lui incontrava.
Il problema che si pone a questo
punto è il seguente. Che tipo di azione lo Spirito Santo può realizzare nella
coscienza di un credente che è pieno di devozioni e vuoto di conoscenza della
Parola? E’ chiaro che lo Spirito Santo agisce come vuole e può fare quello che
vuole e quindi, suscitare la fede anche attraverso a delle devozioni umane. Il punto, però, è un altro e cioè dare valore
e peso alle parole pronunciate da Gesù nel conteso dell’ultima cena. Se lo
Spirito Santo agisce facendosi ricordare quello che Gesù ha detto, per fare in
modo che possiamo agire nelle scelte della nostra vita conforme ai suoi
insegnamenti, se non c’è un rapporto quotidiano con la sua Parola, lo spirito
Santo non trova molti appigli. Probabilmente questo tipo di osservazioni erano
inutili nella chiesa dei primi secoli. Sappiamo, infatti, dalle predicazioni
dei Padri giunteci sino a noi, quanto importante era l’interiorizzazione della
Parola di Dio nell'esperienza di fede dei primi cristiani. E’ stata la
devozione moderna, diffusasi soprattutto in Occidente sotto tante forme
variegate, a deturpare questo rapporto privilegiato dei fedeli con la Parola di
Dio. A cosa serve, infatti, sapere tutti i discorsi (?) di Maria pronunciati da
qualche parte del mondo e non conoscere nulla o quasi del Vangelo? Le devozioni
spesso e volentieri sono deturpazioni del messaggio evangelico. Mentre,
infatti, il Vangelo spinge alla comunione e alla relazione con gli altri, la
devozione spinge all'individualismo e alla chiusura su di sé.
La Pentecoste che stiamo celebrando
dovrebbe risvegliare in noi il desiderio di riprendere in mano la Parola di
Dio, così come ci ha consigliato la Chiesa nel Concilio Vaticano II. Lo Spirito
Santo, allora, troverebbe dentro di noi gli agganci per condurci verso gli
altri, realizzando il sogno del Padre manifestato nella vita pubblica del suo
Figlio Gesù: un’umanità nuova, non ripiegata su se stessa, ma aperta all'incontro
dell’altro, disponibile a continuare il cammino della giustizia e dell’amore inaugurato
da Cristo.
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